Annunciati nel dicembre 2022, gli scavi che avrebbero dovuto ripristinare la continuità della piscina di Siloe, nel punto più basso della Città di Davide, hanno dato filo da torcere agli archeologi. Pur non essendo riusciti a riportare l’acqua nella piscina, come alcuni speravano, hanno fatto una scoperta importante: la più grande diga mai rinvenuta a Gerusalemme e in tutto Israele.
Risalente al regno dei re di Giuda Ioas o Amasia, intorno agli anni 805-795 a.C., la diga testimonia l’ingegnosità degli abitanti della città nell’affrontare una crisi climatica avvenuta quasi 2.800 anni fa.
L’opera è notevole per le sue impressionanti dimensioni: 12 metri di altezza, oltre 8 metri di larghezza e almeno 21 metri di lunghezza. Gli scavi non hanno ancora portato alla luce l’intera struttura, come spiegano i direttori degli scavi, Nahshon Szanton, Itamar Berko e Filip Vukosavovic.
Il suo scopo era duplice: catturare l’acqua dalla sorgente di Gihon, la principale fonte d’acqua dell’antica Gerusalemme, e convogliare le piene improvvise che scendevano dalla valle del Tyropoeon nel fiume Cedron. Costituiva quindi sia un sistema di stoccaggio che di protezione dalle inondazioni.
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Grazie ad analisi estremamente precise condotte all’Istituto Weizmann, i ricercatori sono stati in grado di datare la costruzione con un’approssimazione di un decennio, impresa rara per l’archeologia. I resti di rami e rametti rimasti intrappolati nella malta hanno fornito una datazione precisa: la fine del IX secolo a.C.
Una risposta alla crisi climatica
Incrociando questi risultati con i dati climatici ricavati dal Mar Morto, dalla grotta di Soreq e dagli archivi solari, i ricercatori concludono che questo periodo fu caratterizzato da una grave aridità intervallata da violente tempeste. «La realizzazione di questo tipo di sistema idraulico fu una risposta diretta agli sconvolgimenti climatici dell’epoca», spiegano Johanna Regev ed Elisabetta Boaretto dell’Istituto Weizmann.
La diga va a completare un insieme coerente di sistemi idraulici già rinvenuti nella Città di Davide: un’imponente torre che bloccava la sorgente del fiume Gihon e un sistema di canali che portava l’acqua alla piscina di Siloe. Queste infrastrutture dimostrano che nel IX secolo a.C. Gerusalemme disponeva già di una pianificazione urbanistica avanzata, in grado di garantire la sussistenza dei suoi abitanti e di sostenere il suo sviluppo verso sud e ovest, fino al Monte Sion.
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Per l’Autorità per le antichità si tratta di vestigia eccezionali risalenti al periodo del Primo Tempio. Eli Escusido, il direttore dell’Aia, la descrive come «un’opera impressionante, conservata in condizioni straordinarie, che apre nuove strade alla ricerca». Il ministro del Patrimonio, il rabbino Amichai Eliyahu, la considera «una prova tangibile della potenza del Regno di Giuda e della creatività dei suoi re di fronte alle sfide ambientali».
La scoperta, che sarà presentata all’inizio di settembre alla 26a conferenza di studi sulla Città di Davide dal titolo La piscina perduta – L’enigma di Siloe, conferma l’importanza di Gerusalemme come capitale politica e religiosa dall’epoca del Primo Tempio.